Come riconoscere i 5 disturbi di linguaggio più comuni

Come riconoscere i 5 disturbi di linguaggio più comuni

Come puoi sapere se tuo figlio ha un disturbo nello sviluppo del linguaggio?

I disturbi di linguaggio nei bambini sono più comuni di quanto si possa pensare. Saperli riconoscere e intervenire in modo tempestivo è importante, in quanto permette a tuo figlio di mettere in atto strategie e meccanismi di compensazione efficaci che gli consentono di approcciare nel migliore dei modi la scuola, le relazioni interpersonali e la vita di tutti i giorni, oltre a porre le basi per il corretto sviluppo della persona in modo da affrontare la vita adulta col massimo delle sue potenzialità.

SE SEI PREOCCUPATO, NON ASPETTARE

Se hai il sospetto che tuo figlio abbia bisogno di assistenza, non attendere a richiedere supporto ad un studio specializzato. Prima effettui questo passo, maggiori sono le possibilità che dai a tuo figlio di raggiungere il suo pieno potenziale. I professionisti dello Studio Logopedia Positiva sono a tua disposizione.

I disturbi di linguaggio sono situazioni in cui il linguaggio è in qualche modo inficiato. Tradizionalmente si pensava che i disturbi di linguaggio avessero cause di insorgenza prettamente situazionali, come ad esempio un ambiente famigliare incapace di rispondere alle prime esigenze educative del figlio.

In tempi più recenti è emerso che i disturbi del linguaggio possono sorgere anche in ambienti assolutamente idonei, smentendo quindi il rapporto causa-effetto diretto fra famiglia e insorgenza dei disturbi. È pur vero che la famigliarità rappresenta un fattore di rischio: se altri membri della famiglia hanno avuto o hanno difficoltà di linguaggio è più probabile che si presentino nuovi casi.

Ecco i 5 disturbi di linguaggio più comuni:

  1. Disturbo fonetico-fonologico. I disturbi fonetici-fonologici fanno riferimento alla difficoltà del bambino nel riconoscere e categorizzare le differenze tra fonemi percettivamente simili, come ad esempio /s/ e /f/, e nel produrre la corretta sequenza di fonemi e sillabe. Ne risulta un linguaggio caratterizzato per esempio da fonemi e sillabe invertiti e/o sostituiti (es. “tamarella” per “caramella”).
  2. Disturbo articolatorio. I disturbi dell’articolazione riguardano la difficoltà del bambino ad articolare determinati fonemi, sostituendoli con altri dalla prassìa (movimento) affine o producendoli ad un livello articolatorio adeguato per il bambino. Si possono inserire in questo gruppo le cosiddette dislalie, ovvero la produzione errata o distorta di singoli fonemi, come ad esempio la /s/ verbalizzata con lingua tra i denti.
  3. Disturbo recettivo-espressivo. Il disturbo recettivo-espressivo fa riferimento alle difficoltà di comprensione del linguaggio orale e di espressione anche a livello grammaticale e sintattico. In questo caso il bambino fatica nell’eseguire semplici richieste, non comprende/ricorda le storie o sembra assente/poco interessato quando gli si parla. Il linguaggio per esempio è caratterizzato da errori negli accordi di genere e numero (“le bambina”), nell’uso dei verbi o delle preposizioni (“lui andare a piscina”).
  4. Disprassia verbale evolutiva. La disprassia (dalla parola greca praxìa, significante capacità di fare) è un disturbo innanzitutto di tipo motorio nel quale il bambino ha difficoltà ad articolare nel modo e nei tempi corretti e con la giusta fluidità sequenze di movimenti. Nell’ambito del linguaggio questo si manifesta ad esempio con inversioni di sillabe durante la pronuncia (ad esempio topo diventa poto). A differenza del disturbo articolatorio, in caso di disprassia verbale gli errori sono incostanti (non sempre uguali) e anche a carico delle vocali, si presentano in maniera massiva durante le transizioni da un fonema all’altro o da una sillaba all’altra e si hanno alterazioni della prosodia (velocità, intonazione, ritmo).
  5. Balbuzie e cluttering. La balbuzie si presenta all’esordio quando il bambino compie ripetizioni di parole o parti di parole e prolungamenti di fonemi. Successivamente evolve presentando anche blocchi o le cosiddette pause tese (momenti di silenzio con tensione e organi tenuti nella posizione per articolare), associati a comportamenti secondari per evitare le disfluenze stesse, quali per esempio cenni del capo, utilizzo di interiezioni (ehm, cioè etc.), cambi di parole. Se trascurata tipicamente porta a sviluppare bassa autostima, ansia sociale, fino a comportamenti di evitamento e limitazioni nella vita sociale e lavorativa. Il cluttering è un disturbo della fluenza che si manifesta con un eloquio eccessivamente veloce e di conseguenza poco chiaro o addirittura incomprensibile. Spesso è accompagnato da ripetute ripetizioni della stessa frase, ritmo errato e sintassi imprecisa.

Esistono altri disturbi del linguaggio, non sempre le distinzioni sono così nette e tuttora non c’è un accordo univoco in letteratura in riferimento alla classificazione.

I nostri professionisti sono a disposizione per un consulto tecnico e chiarire ogni tuo dubbio.

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